Dialoghi in latteria con Stefano Lunardi, che ad Aosta ha lanciato ErbaVoglio, un progetto dedicato al formaggio. Al centro, tutela della montagna, ricerca e valorizzazione delle piccole realtà locali eccellenti
“Sono partito da quest’antica latteria abbandonata, nel cuore di Aosta, per realizzare il mio sogno: recuperare e valorizzare formaggi di qualità prodotti dai piccoli allevatori locali”. Stefano inizia a raccontarmi la sua storia mentre serve l’ultimo cliente della giornata, disorientato dal vortice di aromi sprigionato dalla distesa di forme di formaggio esposte nel banco frigo. Il cliente è andato via contento, nel suo negozio finisce sempre così.
Spegne le luci, gira la targa: chiuso. “Seguimi, scendiamo in cantina”. La roccia prende il posto della calce, i sassi antichi scacciano le piastrelle, il caldo resta su. Visito l’antica cantina di affinamento colma di forme in letargo, resto in silenzio per paura di svegliarle. Ci spostiamo nella piccola stanza per la degustazione di formaggi che Stefano scopre nelle valli di questa piccola regione di confine. Stappiamo una Petite Arvine di una piccola cantina locale, poche bottiglie numerate che conserva per le occasioni speciali. “Dopo una formazione in Scienze Forestali, ho lavorato diversi anni in uno studio tecnico. Volevo fare qualcosa per il territorio e non riuscivo a togliermi il pallino del formaggio”. Mi spiega che l’abbandono della montagna è un problema serio, le piccole aziende sono sempre più emarginate e chiudono. Difficile competere con i grandi e la standardizzazione delle produzioni.
Stefano continua a inseguire il proprio sogno con pazienza e quel suo sorriso contagioso che nasconde una determinazione rocciosa. “Nei primi anni ‘2000 con il Prof. Cavallero - mio mentore e tra i più autorevoli esperti a livello europeo di botanica dei pascoli - abbiamo iniziato a mappare i pascoli: composizione delle erbe, altitudine, esposizione e altri parametri per decifrare la correlazione di tutti questi elementi con la qualità del formaggio. Volevamo scrivere la carta d’identità dei formaggi e individuare i migliori cru, come per il vino. Uno strumento a servizio dei piccoli produttori per distinguersi e valorizzare il loro lavoro. E per i consumatori che, conoscendo la storia del produttore e l’origine del prodotto, possono riconoscere i formaggi di qualità”.
I tempi per realizzare il progetto non sono ancora maturi, Stefano deve metterlo nel cassetto. Ma è testardo, non molla. Con il sostegno di amministratori lungimiranti costituisce l’associazione Val D’Ayas a km 0 creando la prima rete di piccoli produttori di eccellenza che gli permette di sperimentare progetti e iniziative di marketing territoriale: degustazioni, visite in alpeggio, formazione per i ragazzi. “La mia idea di sviluppo del territorio passa dal coinvolgimento di tutti i suoi attori. Da soli non si va da nessuna parte”.
Finalmente, nel 2011, arriva l’occasione che aspettava da tempo, un’antica latteria abbandonata nel centro di Aosta. “Ho pensato: ‘o adesso, o mai più’. Ho chiamato il Prof. Cavallero, abbiamo scalato insieme verso un alpeggio per parlare e confrontarci. Scesi a valle, avevo deciso: era arrivato il tempo di lasciare tutto e lanciare ErbaVoglio. “Follia? Sì, e perseveranza. Sono partito senza nessun business plan, ma dopo anni di ricerca paziente e duro lavoro, l’attività sta decollando. A breve lanceremo ‘Ranquefleur’: il primo formaggio accompagnato da una carta d’identità. Una produzione limitata di duecentoquaranta forme prodotte da venti mucche in venti giorni in pascoli selezionati”.
È tardi, dobbiamo salutarci. Le stelle navigano quiete il mare nero della notte, sospinte da un vento fresco che, accarezzando i fianchi rocciosi dei massicci, piano piano sale su. Controllo lo smartphone. Un post illumina la strada ciottolata che mi riporta a casa. “Nessuno può costringermi a essere felice a modo suo. Immanuel Kant”. Forse ho capito. La storia di Stefano non è solo una questione di formaggio. Ci insegna che il segreto per essere felici è mettersi in cammino alla ricerca del nostro alpeggio. Coltivare il desiderio dell’altitudine, scalare. Ri-scoprire la nostra carta d’identità, decidere. Con un pizzico di follia e perseveranza.